Viaggio negli USA – parte terza

A una settimana dalla fine del nostro viaggio varchiamo l’ingresso est dello Yosemite National Park. Sull’altipiano di Tuolumne Meadows è già quasi inverno. Nella notte la prima spruzzata di neve ha svuotato i campeggi. Inizia ufficialmente la bassa stagione e il parco, all’infuori dello Yosemite Village, sembra tornare al suo stato originario. Poca gente, silenzio e il vento che scompiglia le chiome degli alberi e accarezza le praterie. Fa davvero freddo questa mattina, ma ormai non scaliamo da qualche giorno e ci attrae la linea di Oz.
Un diedro perfetto che solca con tre lunghezze la parete ovest del Drum Dome. A nulla è valsa l’attesa per scalare con un po’ di sole nel pomeriggio. Raggiunta la base ci rendiamo conto che l’esposizione è piuttosto Nord che Ovest e di certo non fa più caldo di questa mattina. Ma ormai siamo qui, e neppure le colate di acqua che non accennano a scongelarsi ci fanno cambiare idea. In effetti la linea è davvero bella. Il terzo tiro una fantastica fessura di perfetto incastro di mano. Almeno credo! Le mani insensibili per 40 metri si scaldano solo in sosta, che beffa! Dalla cima lo spettacolo delle forme di granito questa volta morbide e tondeggianti è ancora una volta un colpo al cuore. Dopo tre viaggi e tanti posti diversi visitati, la California non ha ancora finito di stupirci. Ci scaldiamo al sole qualche minuto e poi torniamo coi piedi per terra.
E’ ormai pomeriggio inoltrato ma vogliamo spostarci verso la Yosemite Valley. La vista sull’Half Dome accoglie i visitatori che all’ora del tramonto prendono d’assalto i punti panoramici, per ammirare la mezza cupola che si tinge di rosso. Trovare un posto in campeggio nel parco è stato davvero una lotta questa volta. Sembrava fosse tutto pieno e se non hai una piazzola non c’è verso di poterti fermare per la notte, neppure con il camper. Miracolosamente abbiamo trovato una piazzola per i prossimi giorni, ma per questa sera siamo costretti ad uscire dall’ingresso Ovest per dormire lungo la strada assieme ad altri camper e furgoni, che come noi domani tenteranno l’assalto ai campeggi. Tornare a Curry Village è come fare un salto indietro nel tempo. Il primo vero viaggio arrampicatorio io e Ale l’avevamo fatto proprio qui. In un baleno i ricordi riaffiorano alla memoria e mi sembra di rivivere le stesse intense emozioni di quei giorni. Era stato tutta una scoperta. Era la prima esperienza di arrampicata in stile Big Wall.
Ricordo che per raggiunger l’attacco della Salathè il mio saccone pesava più di me ed era un’impresa ogni volta che dovevo salire anche il più piccolo gradino. I quadricipiti si rifiutavano di sollevare tutto quel peso. Per non dire di quanto mi ero allenata con le Jumar e di come avessimo studiato tutti i modi per sollevare un saccone o montare il porta-ledge. Ma ciò che mi ricordo soprattutto sono quelle 18 ore appesi al ventiquattresimo tiro della Salthè, sotto un diluvio che le previsioni non avevano neanche lontanamente ipotizzato. Per fortuna un piccolo tetto ci aveva riparati inizialmente, ma poi aveva continuato a gocciolare sino a mattina, mentre il cielo era tornato trapunto di stelle. Con il materiale fradicio e una notte terribile non avevamo potuto che scendere. El Cap era rimasto solo un sogno.
Nella Yosemite Valley la bassa stagione non esiste. Per di più, il parco ha subito un notevole rilancio, semmai ne avesse avuto bisogno, dopo i recenti film con Tommy Caldwell e Alex Honnold, entrambi ambientati sulla insormontabile parete di El Capitan. La guardo e non posso che desiderare di provarci ancora una volta. Devo invece ammettere a me stessa che non è l’anno giusto per tentare di risolvere il mio conto in sospeso. Non abbiamo abbastanza tempo e Viola è ancora troppo piccolina per lasciarla 4 giorni laggiù con la nonna. Ale invece desidera da sempre ripetere Astroman sulla Washington Column. Le previsioni meteo sono perfette nei prossimi giorni. Oggi possiamo fare un paio di tiri e ripetere la fantastica Serenity Handcrack, domani pausa e poi diretti su Astroman. Il nostro piano non fa una piega e ci avanza pure un ultimo giorno per gironzolare nel parco prima di tornare a San Francisco per il nostro volo di ritorno.
Ma si sa, non tutte le ciambelle escono con il buco e durante la notte io sto malissimo. Un’intossicazione alimentare mi mette totalmente ko. Per 24 ore ingerisco solo un po’ di tè. Il tempo stringe ma in queste condizioni non posso di certo affrontare una salita simile. Ale non perde la speranza e si sveglia presto per andare a vedere l’avvicinamento. Fa bene, perché il giorno dopo alle 5 di mattina la luce delle frontali illumina il sentierino che porta alla base. Almeno ci proviamo. Non so da dove siano rispuntate le energie ma mi sento bene, e riesco a seguire Ale che tra quelle fessure sembra volteggiare. Non proprio sempre!! L’ Enduro Corner, tiro chiave della via, è di una fisicità devastante e non abbiamo neppure tutti i friends che servono! In compenso resto allibita nel vederlo districarsi all’interno del budello di roccia dell’Harding Slot. Ogni tiro è più bello del precedente. Un capolavoro di estetica, tributo all’arrampicata della valle. Alle 16 siamo già in cima. La valle si snoda sotto i nostri piedi, e con un’immensa soddisfazione nel cuore le diamo il nostro arrivederci. Dobbiamo darci una mossa, il nostro volo è tra meno di 24 ore!
Non potevamo immaginare modo migliore per concludere anche questa avventura, resa possibile in primis dalla super nonna Patrizia che ha deciso di sostenerci e accompagnarci. Forse la piccola Viola non ricorderà nulla di queste 3 settimane immerse nella natura, ma noi siamo terribilmente felici di trasmetterle l’amore per la bellezza del nostro pianeta e la possibilità di poterlo scoprire.